Agricoltura integrata: una scelta sostenibile

Di Gianluca Marchetti (foto di Canva)

La sostenibilità è un concetto ampio che può apparire come semplice da realizzare, stando solo alla sua definizione. Tuttavia, la realizzazione di un sistema che sia il più sostenibile possibile richiede molto lavoro, tanto studio e tante conoscenze riguardo cosa e dove vogliamo produrre una determinata coltura.

Produrre in modo sostenibile, significa far sì che le generazioni future possano usufruire della stessa quantità di risorse del nostro presente, evitando di inquinare e di salvaguardare la fertilità del terreno.

L’agricoltura integrata – similmente al biologico e al biodinamico o a qualsiasi produzione che vanta una certificazione positiva riguardo alla qualità e al rispetto dell’ambiente – sotto questo punto di vista è sicuramente un sistema sostenibile.

Fare agricoltura integrata significa garantire un basso impatto ambientale attraverso un uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione allo scopo di ridurre al minimo il ricorso a mezzi tecnici che hanno un impatto sull’ambiente e sulla salute dei consumatori.

Perché questa agricoltura viene definita “integrata”?     

L’aspetto più significativo di un’agricoltura integrata riguarda le scelte che un’azienda compie per difendere la propria coltivazione da insetti, parassiti, piante infestanti e in generale da tutti quegli agenti che possono rovinare il raccolto.

Dunque, si tratta di un insieme di buone pratiche agronomiche che vengono per l’appunto “integrate”, aggiunte e valorizzate all’interno di un sistema produttivo.

Ci sono delle precise linee guida da seguire al fine di operare un’agricoltura integrata?

A differenza dell’agricoltura biologica, che in Unione Europea è regolamentata a livello comunitario, l’agricoltura integrata è guidata da norme di carattere regionale (non ci sono leggi nazionali o europee). Ogni regione italiana, quindi, ha elaborato il proprio disciplinare di produzione integrata.

A livello nazionale, a partire dal 2014, in Italia è stato approvato un Piano di Azione Nazionale per l’Uso Sostenibile di Prodotti Fitosanitari (PAN) che permette alle varie regioni e province autonome di applicare al meglio le leggi della difesa integrata, che pone molti limiti nell’uso di pesticidi e di fertilizzanti.

Sul sito della Regione Toscana, per esempio, sono presenti diversi manuali di difesa integrata per l’olivo e per la vite, che possono essere scaricati gratuitamente.

Perché un uso spropositato di fitosanitari è dannoso per l’ambiente e per la salute dell’uomo?

A partire da febbraio 2021, il disciplinare di difesa integrata per la Toscana ha imposto il divieto di usare il principio attivo del glifosato (leggi qui l’articolo “Pasta al sugo di Glifosato!”).

Il glifosato, una sostanza che ha il potere di togliere la vita a qualsiasi pianta, è stato usato come sia come diserbante, per far fuori le piante infestanti prima della semina della coltura desiderata, sia per far seccare prima il grano in Canada e negli Stati Uniti, dove viene le aziende preferiscono raccoglierlo in anticipo per evitare di farlo quando è troppo freddo o quando è troppo umido.

Il glifosato, che rappresenta al meglio (o in peggio) ciò che un pesticida può fare: se presente nel terreno, riduce la capacità di assorbimento dei nutrienti da parte delle piante; i lombrichi, che sono vitali per il suolo, tendono ad allontanarsi laddove è presente, non è facilmente smaltibile e, al contrario, tende a trasmigrare da un corpo a un altro, dalle piante all’uomo. Proprio nei mammiferi, il glifosato sembra essere responsabile del danneggiamento delle funzioni dei batteri intestinali.          

Come può un consumatore riconoscere un prodotto proveniente da agricoltura integrata?

Se è vero che non si può parlare propriamente di leggi comunitarie o nazionali per quanto riguarda la lotta integrata, in Italia è stato riconosciuto il Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQNPI), attraverso il quale le aziende possono certificare che la loro attività rispetta le linee guida proposte dalle proprie regioni.

Al prodotto viene assegnato un apposito marchio (ha un’ape come simbolo), attraverso il quale un consumatore può riconoscere la sua qualità.

E chi lo sa, forse con il tempo riusciremo a convincere sempre più persone che essere aziende consapevoli oggi, vuol dire lasciare vita nei terreni per le persone del domani.