Il Cous Cous di Khadija

Di Alessia D’Angelo (foto di Wikimedia Commons)

Piccoli granuli di semola di grano o frumento duro cotti a vapore danno vita ad un piatto di grande tradizione nel medio orientale.

Stiamo parlando del Cous Cous conosciuto anche come “Cuscussù o Cùscuso” in italiano, “Couscous” in francese, “Seksu” in berbero e “Cùscusu” in siciliano.

Origini e leggende

Nato come alimento povero, principale fonte di sostentamento per le popolazioni nomadi, gradualmente il Cous Cous si è diffuso dai Paesi più interni dell’Africa Nord Occidentale dove, ancora oggi, se ne consumano grandi quantità.

C’è però da dire che la sua origine, forse, è ancora più antica, a quanto pare una leggenda narra che, nel 950-930 a.C., il Re Salomone si concedesse grandi mangiate di Cous Cous per alleviare le sue pene d’amore causate dalla Regina di Saba.

Ma le opinioni sono tante, c’è chi dice che il Cous Cous, come la pasta, sia stata creato in Cina, mentre altri sono sicuri della sua origine dall’Africa dell’est. Tuttavia, le citazioni nei testi e le prove ritrovate sembrano indicare il Nord Africa. Proprio qui, delle scoperte archeologiche risalenti al IX secolo, avrebbero rinvenuto degli utensili da cucina per preparare il Cous Cous.

La preparazione di Khadija

Una cosa è certa, questo piatto fa parte della tradizione gastronomica di tutto il Marocco.

Una preparazione lunga, ma di grande gusto. Khadija, marocchina DOC e grande cuoca di Cous Cous, lo cucina così: inizia a cuocere a scaglioni la verdura a seconda della loro cottura insieme all’agnello e alle spezie profumatissime, portando poi il tutto ad ebollizione. Dopo di che Khadija inserisce direttamente il Cous Cous crudo sopra il pentolone all’interno di uno scolapasta, per far sì che cuociaa vapore”, e durante la sua cottura per tre volte lo bagna ulteriormente con un po’ di brodo e con molta cura lo massaggia con le mani, evitando così la formazioni di grossi grumi.

Una volta pronto prende la sua Cuscussiera, crea una base di Cous Cous e adagia sopra verdure e carne precedentemente cotte, infine insaporisce il tutto con il brodo rimasto.

Non fare l’ingordo

La tradizione araba vuole che questo piatto venga gustato con le mani, una sorta di “Finger food” marocchino (leggi qui l’articolo “Finger Food: cultura orientale o moda occidentale?”), viene consumato attingendo direttamente dal piatto messo in mezzo alla tavola formando delle palline con tre dita. Il motivo di questo gesto è spiegato nel Corano: “Con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l’ingordo”.

Ma una cosa ancora più caratteristica è che il Cous Cous, in Marocco, viene abbinato al Laben, un latte fermentato un po’ acidulo, ottenuto dalla produzione del burro fatto in casa.

Il giro del mondo

Il Cous Cous si cucina in Marocco, Egitto, Mauritius, Senegal, Tunisia, Francia e anche in Italia, in particolare in Sicilia dov’è tipico il Cous Cous alla Trapanese.

Insomma, ha fatto il giro del mondo, ed in ogni luogo ha una trovato chiave di lettura e una tradizione tutta sua, un vero e proprio simbolo di tradizione e di grande cultura.

Il Cous Cous porta la festa in tavola e, con i suoi colori, i suoi sapori e i suoi profumi inebrianti, crea un’atmosfera unica.