Anisakis, è il Sushi il pericolo?

Di Ilaria Patacconi (foto di Chiara Carciani)

Sushi, sashimi, crudi di pesce in generale… Diciamoci la verità, andando incontro all’estate, non c’è piatto che ricordi meglio la freschezza e il mare.

Purtroppo, per quanto amate, queste preparazioni di pesce crudo possono portare a problemi di salute anche piuttosto gravi se la materia prima non viene trattata nel modo corretto in tutte le sue fasi di lavorazione. I rischi per la salute possono essere diversi, ma c’è un “ospite indesiderato” che merita la nostra attenzione.

Il verme del Sushi

Conosciuto erroneamente, almeno in parte, comeverme del Sushi”, l’Anisakis è un nematode (verme cilindrico) parassita che si può trovare allo stadio adulto nella carne di molti mammiferi marini, come balene, foche, delfini dove sono visibili a occhio nudo (misurano da 1 a 3 cm) ed hanno colore biancastro-rosato.

Ma allora come fa questo parassita ad essere un rischio alimentare per l’uomo se non mangiamo questi animali? Semplice, non è lo stadio adulto a creare un rischio per la nostra salute, ma la larva.

L’Anisakis ha un ciclo biologico (o vitale) piuttosto complesso e diviso in più fasi, nelle quali incontra vari abitanti marini. Le uova si schiudono direttamente in acqua e, subito dopo, le larve di Anisakis vendono ingerite dai primi ospiti di solito Krill (creature marine invertebrate).

Da qui entra un po’ in gioco la natura con la legge del “pesce grande, mangia pesce piccolo” durante la quale la larva non trovando un ambiente che ne permetta lo sviluppo e la crescita al suo “stadio finale”, vegeta nel corpo di pesci di medie dimensioni.

L’uomo entra in gioco solo come “ospite accidentalecibandosi di questi pesci, crudi o poco cotti (come salmone, tonno, aringa, merluzzo, sgombro pesce sciabola, ricciola, lampuga, pesce spada, nasello, merluzzo, rana pescatrice e calamaro) che trasportano la larva di Anisakis.

Azioni e reazioni

Le larve possono costituire un rischio per la salute umana in due modi: portando ad una parassitosi causata dall’ingestione di pesce crudo contenente larve e causando una reazione allergica ai prodotti chimici liberati dalle stesse nei pesci ospiti.

Le forme e i livelli di gravità possono essere diversi ma di solito nel corpo umano l’Anisakis può rimanere per un massimo di tre settimane, per poi essere eliminato dalle difese immunitarie.

I sintomi della parassitosi da Anisakis si possono manifestare a partire da poche ore dopo aver mangiato il pesce crudo, con nausea, forte dolore addominale, vomito, febbre, diarrea e ulcerazioni. Anche le reazioni allergiche, seppur più rare, non sono da escludere e possono causare shock anafilattico, orticaria, congiuntivite e attacchi d’asma.

In una gran parte dei casi l’infestazione si risolve spontaneamente con la morte dei parassiti. Nei casi più complicati il trattamento migliore è la rimozione della larva tramite endoscopia. L’estrazione delle larve porta solitamente una rapida risoluzione dei sintomi

Una terapia farmacologica adeguata a curare l’Anisakis, ad oggi non esiste. Risultati soddisfacenti sono stati ottenuti con l’Albendazolo ma non sempre garantisce l’efficacia.

Prevenire è meglio che curare

Le normative per prevenire l’Anisakis non sono identiche in tutto il mondo. Negli Stati Uniti la FDA (Food and Drug Administration) raccomanda di congelare ad almeno -35°C per 15 ore, o a -20°C per una settimana.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) prescrive una rapida eviscerazione, seguita da cottura o congelamento ad almeno -23° per 7 giorni.

La normativa dell’UE (Unione Europea) raccomanda di congelare a -20° per almeno 24 ore, oltre a stabilire l’obbligo per i ristoratori di possedere abbattitori di temperatura.

Sashimi di Anisakis

Insomma, possiamo anche dare la colpa se vogliamo alla grande diffusione dei ristoranti di Sushi se il numero di casi annui di Anisakis sono cresciuti negli anni, ma non è il loro tipo di preparazione a mettere a rischio la nostra salute.

Loro, come qualsiasi altro ristorante che serve pesce crudo devono assicurare il rispetto delle norme HACCP e di conservazione vigenti e nonostante tutto può comunque capitare che un parassita particolarmente resistente sopravviva. Perché come insegna la sicurezza alimentare il rischio zero non esiste ma, seguire le giuste pratiche di lavorazione portano almeno ad un rischio basso abbastanza da essere considerato accettabile.

E voi quando mangiate pesce crudo considerate mai il rischio dell’Anisakis e i sintomi che possono presentarsi?