Vecchio mondo?
Partiamo dando una definizione a queste descrizioni, enologicamente parlando, il vecchio mondo è l’Europa, culla della viticoltura e di tutte le sue tecniche, in campo ed in cantina.
Portabandiera dello stile di vita “occidentale” che ha sempre più influenzato il mondo, vanta una cultura vitivinicola millenaria, qua nasce la concezione moderna di vino, la sua fruizione quotidiana e la sua collocazione popolare nella vita comune, il vino come mezzo di comunicazione di un territorio, oggetto di scritti antichi e coadiuvatore alla convivialità, perché con un buon bicchiere di vino, ogni conversazione diventa più interessante.
Il nuovo mondo
Per “nuovo mondo” intendiamo il resto del globo, dalle nuove leve Neo Zelandesi, Australiane e Sud Africane fino alla Napa Valley in California, passando per Cile e Argentina.
Nuovi orizzonti, vecchi vitigni, la stragrande maggioranza di questi vigneti, sparsi per il nuovo mondo, sono stati infatti piantati con varietà internazionali, tra le più celebri, Cabernet Sauvignon, Merlot tra i rossi, Chardonnay e Riesling per i bianchi.
Una scommessa?
Non proprio una scommessa, questi vini stanno riscontrando un grande successo commerciale anche in Europa che negli ultimi anni si sta aprendo sempre più al confronto sull’espressione dei differenti territori.
Svariati viticoltori del vecchio mondo hanno colto al balzo la sfida di produrre grandi vini oltre oceano, rispetto a realtà consolidate come la Napa Valley, hanno scelto destinazioni più intriganti ed enologicamente meno note come Cile ed Argentina.
Quanto piace!
Ed è proprio dall’Argentina che nel 2020 è arrivata la conferma dell’ascesa di questi vini!
Un riconoscimento importantissimo per “Chacra Pinot Noir Patagonia Trenta y Dos 2018”, ovvero il miglior vino al mondo, ricevuto da James Suckling, una delle voci più influenti della critica internazionale.
L’azienda è condotta da un viticoltore nostrano, Piero Incisa della Rocchetta, nipote di Mario, l’ideatore di Tenuta San Guido.
Creare senza cavilli
Quello che spinge sempre più produttori verso un’esperienza in queste zone vinicole è sicuramente la possibilità di sperimentare lavorazioni e tecniche innovative in ogni area produttiva, senza essere legata ad uno specifico disciplinare.
Questo in Europa è difficile, la lunga tradizione ha fatto sì che le realtà si consolidassero e creassero denominazioni regolamentate, stringendo la gamma “sperimentale” e dando vita a chiare e delineate personalità rispetto alle denominazioni di appartenenza.
Confrontare per capire, in degustazioni alla cieca, vini Californiani hanno surclassato declamati Bordolesi, un Pinot Nero Argentino ha lasciato dietro di sé i più famosi Borgogna…
Il loro futuro è in divenire, non ci resta che assaggiarne uno per capirne il potenziale.
Alla salute!