Olio di palma, tra miti e realtà

Di Greta Lotti (foto di tristantan)

I primi sospetti che l’olio di palma potesse essere un prodotto discutibile, risalgono a qualche anno fa. I dubbi riguardano soprattutto l’elevato contenuto di acidi grassi saturi (noti per aumentare il colesterolo “cattivo” nel sangue) nonostante la sua origine vegetale, ma anche l’aspetto ambientale fa sollevare qualche polemica.

L’esplosione…

La questione esplose nel 2011, con l’entrata di una nuova normativa europea sulle etichette alimentari che imponeva alle aziende di indicare nel dettaglio il tipo di grasso presente nei prodotti, invece del più generico “grassi vegetali aggiunti” usato fino ad allora.

Venne fuori che, specialmente tra i prodotti industriali, moltissimi dolci, la quasi totalità dei prodotti da forno, ma anche molti prodotti per l’infanzia come alcuni tipi di latte per neonati, contenevano olio di palma che negli anni era andato a sostituire sia il burro perché più costoso, che le margarine, già in precedenza riconosciute come “pericolose”.

Sebbene oggi le modalità di produzione delle margarine siano cambiate, rendendole più sane, l’olio di palma continua a essere molto utilizzato per il suo basso costo e per le sue caratteristiche più favorevoli alla lavorazione industriale, come la conservabilità e il mantenimento della consistenza anche se lavorato a temperature elevate.

Non solo la salute… E l’ambiente?

Prima che l’allarme fosse indirizzato sui possibili effetti sulla salute, l’uso dell’olio di palma era già stato messo sotto accusa da Greenpeace per gli effetti sull’ambiente dei Paesi tropicali dove viene coltivato (Indonesia e Malesia).

Proprio in questi luoghi, le estese piantagioni di palme destinate all’estrazione dell’olio, utilizzato non solo per l’industria alimentare, ma anche per quella dei cosmetici e come biocarburante, avrebbe preso il posto di altre piante autoctone.

Compromettendo la biodiversità e contribuendo in maniera sostanziale alla deforestazione, tra l’altro, a soffrire sono anche molti animali come gli oranghi che vengono privati del loro habitat naturale.

Un passo indietro… Ma non da parte di tutti

Nonostante queste informazioni ed i cambi di direzione da parte di molte aziende che dopo le polemiche sono passate all’utilizzo dell’olio di cocco, c’è qualcuno che rimane fedele alla tradizione

La Ferrero non vuole rinunciare al sapore e alla consistenza della crema spalmabile (leggi qui l’articolo sulle creme spalmabili) più amata al mondo, la Nutella ed ha deciso quindi di investire in un olio di palma rispettoso dell’ambiente e sostenibile al 100%, con l’obiettivo di deforestazione zero.

E quindi?

Se da una parte è vero che l’olio di palma, diversamente da altri grassi vegetali come l’olio di oliva, contiene circa il 50% di grassi saturi, riconosciuti responsabili dell’aumento del colesterolocattivo” (LDL) nel sangue, dall’altra non ci sono prove nella letteratura scientifica che l’olio di palma, abbia un effetto diverso sul rischio cardiovascolare rispetto agli altri grassi con simile composizione e percentuale di grassi.

In altre parole, una pastafrolla prodotta dall’industria con olio di palma, rispetto a quella fatta in casa con il burro, ha la stessa quantità di grassi saturi.

Come nella maggior parte delle questioni relative all’alimentazione, non si tratta tanto di evitare completamente l’utilizzo di determinati alimenti, ma di assumerne in quantità moderata.