La storia di una delle più grandi truffe dell’agroalimentare italiano.

Un tuffo nel passato
17 marzo 1986
Una data da ricordare, si consuma uno dei peggiori scandali nel settore alimentare e vinicolo della storia recente.
Siamo in Piemonte, a Cuneo, in seguito a consumazioni di vino, ancora del tutto anonime, muoiono due uomini 47 e 57 anni, entrambi erano consumatori abituali di una delle Barbere che si sarebbero scoperte incriminate in seguito.
Inizialmente vennero etichettati come alcolizzati, dando poco peso all’accaduto, i primi dubbi iniziarono a sorgere quando a morire fu una donna di 51 anni, con i medesimi sintomi.
Il contesto
Siamo nel bel mezzo degli anni ‘80, tanto belli quanto sregolati, la tutela sui prodotti alimentari è al minimo storico e i controlli da parte degli enti di riferimento inesistenti.
Il mercato richiedeva vino a basso costo e i produttori facevano il necessario, per accontentare la richiesta.
Una legge passata nel 1984 detassava il Metanolo, abbattendone notevolmente il prezzo, fino a costare dieci volte in meno dello zucchero.
Realtà produttive diverse si scontravano,dove però nulla era regolamentato, il buono e il sano non risaltavano all’occhio e le adulterazioni dei vini rimanevano nascoste nell’ombra.
Cosa successe?
In seguito a decessi e ricoveri vennero aperte le indagini e scoperto il filo rosso che legava tutte queste “casualità”, della Barbera del Piemonte, consumata da tutti coloro che si sentirono male o morirono.
Ciravegna è il personaggio più noto, nel 1986 nelle Langhe aveva una azienda che fatturava un miliardo e mezzo di Lire l’anno e, nonostante lui si sia proclamato sempre innocente, è stato ritenuto essere la “mente” dietro di questa frode.
Ciravegna e suo figlio adulterarono il vino con il Metanolo per alzarne il grado alcolico e renderlo più accattivante negli scaffali dei supermercati, mantenendo costi di produzione bassissimi.
Le conseguenze
Ahimè, cosa successe in seguito alla scoperta nazionale dello scandalo è tristemente noto, si contano 19 morti, 153 persone con danni neurologici, alcuni irreversibili e 15 persone rimaste completamente non vedenti.
La cecità o la perdita parziale della vista in un primo momento furono uno dei sintomi principali dell’intossicazione da metanolo.
I colpevoli vennero condannati, Giovanni Ciravegna della provincia di Cuneo, ha scontato dieci anni di reclusione per accuse quali associazione per delinquere, omicidio volontario plurimo, lesioni gravi, adulterazione di sostanze alimentari. Coloro che attuarono la sofisticazione grossisti, imprenditori, trafficanti di alcol metilico, titolari e gestori di cantine, sapevano benissimo che il vino al metanolo era un veleno.
Le vittime sfortunatamente non ebbero nessun risarcimento, visto che i colpevoli si dichiararono “nullatenenti”.
Una nuova era
Quello che successe quel marzo dell’86 fu uno spartiacque per la produzione di vino e alimentare in Italia, vennero ampliati e implementati sistemi di controllo mirati atti a sorvegliare salubrità e veridicità nei settori produttivi.
Questo portò ad una crescita capillare ed esponenziale dei NAS, portando nuova consapevolezza agli artigiani e ai consumatori “coscienti”.
Da qui, calò la produzione del vino da tavola ed aumentano le produzioni in DOC e IGT, più regolamentate e sicure.
Negli anni a venire fino a oggi il mercato del vino italiano ha seguito una graduale scalata verso il riconoscimento mondiale,in qualità e tutela del territorio.
Un vero e proprio rinascimento del vino nostrano.
Quando un male vien solo per nuocere, non ci resta che prendere quei piccoli strascichi che lascia dietro di sé e apprenderne la dura lezione, con la speranza che niente del genere si ripeta mai più…
Alla salute!